La storia delle stelle mancanti nelle fotografie ...
Partiamo dalle tanto discusse fotografie anomale che gli astronauti hanno riportato dalla superficie della Luna. Una cosa tanto contestata dai luna-complottisti è la mancanza delle stelle nelle fotografie lunari. Infatti, asseriscono, la totale assenza di atmosfera sulla superficie lunare sarebbe stata il "non plus ultra" per fare bellissime foto con le stelle! Inspiegabilmente, dicono, le stelle non si vedono in nessuna foto!Chi si avventura in questo genere di affermazioni, dimostra a mio avviso, di non avere nessun genere di cognizione fotografica e ora vi dirò perchè!
Le foto delle missioni Apollo sono senza stelle, perchè il suolo lunare è fortemente illuminato dal Sole. Dato che come dicono i luna-complottisti, l'assenza di atmosfera dovrebbe fare brillare le stelle 2 volte di più, anche il Sole che è una Stella, di conseguenza fa 2 volte più luce. Per fare le foto senza sovresporre il suolo ed i dettagli che si vogliono fotografare, bisogna chiudere molto il diaframma dell'obiettivo e di conseguenza far entrare poca luce. Facendo questo però, non si riesce a far entrare la debole luce delle stelle. Ecco perchè non si vedono! Se le si vuole riprendere bisogna aprire di molto il diaframma dell'obbiettivo ed allungare i tempi di posa. In questo caso però accade che il suolo si sovrespone, i dettagli superficiali si saturano (ovvero cominciano a scolorire verso il bianco) e forse a causa della sovraesposizione del suolo non si riuscirà nemmeno in questo caso a riprendere le stelle.
Che cos'è il diaframma di un obbiettivo?Il diaframma non è altro che un meccanismo a lamelle, posto all'interno dell'obbiettivo, la cui maggiore o minore apertura, controlla la quantità di luce della posa che dovrà raggiungere e di conseguenza impressionare, la pellicola fotografica. La sua funzione, rispecchia fondamentalmente quella dell'iride nell'occhio. La sua apertura determina la focale con la quale si eseguirà la posa fotografica. Un'apertura ridotta consente di riprendere scene molto luminose, viceversa un'apertura maggiore.
Agli astronauti non importava fotografarle, per cui hanno esposto la pellicola per il tempo necessario che serviva a fotografare correttamente la scena prescelta. Per capire meglio cosa voglio dire, basta prendere una macchina fotografica con posa "B", un cavalletto fotografico e uscire la sera all'aperto, appostandosi magari su una collinetta che permetta di vedere una città illuminata, sovrastata da una buona porzione di cielo nero notturno. Se si prova a fotografare il panorama, esponendo la foto nella maniera più appropriata (pochi millisecondi, con i diaframmi giusti per evitare uno sfondo sfuocato), ci si accorgerà con sorpresa che le stelle non si vedono. Se si prova invece ad allungare di parecchi secondi la posa, aprendo magari il diaframma al massimo (magari a f/2,8) ci si accorgerà nuovamente che le stelle (le poche luminose visibili) appariranno, ma i dettagli del panorama saranno saturati, o come si dice in gergo fotografico, appariranno bruciati. Le foto che vi propongo qui sotto, le ho scattate personalmente, con lo scopo di creare una prova per la mia trattazione, mostrano in maniera lampante che cosa voglio dire. Cliccateci sopra per visionarle.
Se gli astronauti avessero voluto riprendere le stelle, avrebbero potuto farlo comodamente, ma in maniera diversa. Avrebbero semplicemente dovuto mettersi all'ombra del LEM, posizionare la macchina fotografica (Hasselblad-500EL) verso il cielo su di un cavalletto (per evitare foto mosse e quindi contestabili) ed infine scattare alcuni secondi di posa. Ci si rende conto ovviamente, che il tempo necessario per creare simili pose, sarebbe stato un po' lungo e agli uomini impegnati nell'esplorazione di un altro mondo, dove ogni minuto di permanenza è costato centinaia di migliaia di dollari, non era proprio consentito. Forse, i luna-complottisti, non sanno che le tute spaziali degli astronauti, funzionano ancora oggi con delle speciali batterie che garantiscono la climatizzazione, l'ossigenazione e la comunicazione radio dell'astronauta. Le batterie come tutte quelle esistenti (anche se oggi esistono quelle a lunga durata), si scaricano con l'assorbimento; immaginiamoci quindi se gli astronauti, avrebbero potuto perdere tempo a ritrarre le stelle. Per non parlare poi dell'ossigeno delle bombole, destinato per 3/4 all'esplorazione della superficie lunare ed 1/4 alla sopravvivenza nella fase in cui gli astronauti dovevano rientrare nel LEM, pressurizzarlo nuovamente (sulla Luna non c'è atmosfera, quindi per evitare che il portello di uscita esploda, è necessario scaricare all'esterno l'aria della cabina prima di tentare di aprirlo) e in caso di problemi durare per due ore, sino a che il modulo di risalita del LEM si ricongiungeva in orbita con il CSM (Modulo di Comando e Servizio).
Qui sotto, nella foto di sinistra, un classico esempio di foto spaziale con diaframma e tempi d’esposizione giusti, scattata dagli astronauti di Apollo 12 dopo aver completato le manovre di estrazione del LEM dal 3° stadio del Saturn V. Il cielo appare nero e senza stelle. La foto accanto invece, riproduce la stessa immagine, ma come apparirebbe, se si tentasse di usare i tempi necessari per riprendere le stelle. Esse apparirebbero nel cielo, ma a causa della sovraesposizione dovuta a una scelta di tempi e diaframma errati, apparirebbero pallide su uno sfondo sbiancato e privo di contrasti.
La Terra si presenterebbe invece saturata e molti dei dettagli prima visibili sarebbero cancellati. Ora mi chiedo: uomini addestrati a muoversi freneticamente su un corpo celeste alieno, in condizioni di micro-gravità (i filmati di Armstrong che saltella con la tuta pressurizzata da 130 Kg sulla superficie lunare ad 1/6 della gravità terrestre, mostrano con evidenza l'alienità della superficie lunare), dove ogni secondo è scandito da un precisissimo programma (di cui gli astronauti avevano una copia ridotta attaccata al guanto sinistro della tuta che elencava addirittura le foto da scattare), avrebbero avuto secondo voi, il tempo di dedicarsi alle stelle, solo per riportare a Terra foto non screditabili? Io credo proprio di no.
Comunque, tutto questo era vero solo agli inizi, infatti i tecnici della NASA incuriositi dal fatto che dalla Luna sarebbe stato molto semplice con brevi pose di alcuni minuti, riprendere le stelle all'ombra del LEM, la missione Apollo 16 fu la prima a portare sulla Luna in mezzo agli strumenti ALSEP, un telescopio catadiottrico con macchina fotografica incorporata, che nei "ritagli" di tempo veniva azionata dagli astronauti, consentendo di realizzare meravigliose pose (nella zona U.V. dello spettro e visionabili sui siti della NASA) di nebulose, stelle e della grande nube di Magellano (piccola galassia di forma irregolare, satellite della nostra Via Lattea). Va inoltre detto, che se si osservano le foto che hanno scattato recentemente gli astronauti europei dallo Shuttle in orbita attorno alla
Terra riprendendo particolari del cielo (ad esempio quelle di Umberto Guidoni, che ho avuto l’onore di incontrare personalmente più volte), esse appaiono tutte senza stelle e con uno sfondo profondamente nero. A questo punto, come potrete facilmente capire, affermare che le dichiarazioni luna-complottiste in merito alle "stelle mancanti", siano veritiere, significherebbe affermare al contempo, che anche gli astronauti europei sono complici della bufala lunare perpetrata al mondo dalla NASA, e questo, a mio avviso, è veramente un'enormità infondata, che escluderebbe "addirittura a priori", il fatto che negli ultimi anni, l'uomo abbia mai raggiunto l'orbita terrestre. Mi sembra che qui, si stia cominiciando ad esagerare!
Navigando nel web, non ho mai incontrato un luna-complottista "che si esponesse personalmente", commentando le foto fatte recentemente in orbita terrestre. Eppure le condizioni di posa sono uguali a quelle lunari. Assenza di aria, cielo nero e Sole splendente: ma le stelle non ci sono. Mancano all'appello semplicemente per il fatto che la pellicola fotografica non ha assolutamente le caratteristiche chimiche dell'occhio umano e se si vogliono ottenere determinati risultati (foto con soggetto prescelto ben visibile e inquadrato), bisogna accettare dei compromessi. Questi, molto spesso, possono portare all'esclusione di particolari lievi di fondo, che richiedono per la loro apparizione altre esigenze d'inquadratura.
In realtà però, le stelle ci sono e nella foto riportata qui a sinistra, scattata volutamente con valori di leggera sovraesposizione, per ottenere il seguente risultato, appaiono in tutto il loro chiarore. Peccato però che siano mosse dall'azione combinata del moto d'orbita e del P.T.C. della navetta spaziale. Nella foto oltre alle stelle, appare anche lo strato più esterno dell'atmosfera terrestre. Peccato solo che a causa della lunga posa necessaria a riprendere le stelle, i particolari della navetta e della superficie terrestre appaiono sfuocati. Come dicevo prima, le foto spettacolari si ottengono sì, ma con i giusti compromessi.
Nella foto qui a destra, il razzo Saturn V decolla dal Kennedy Space Center per l'ultima volta nella versione lunare. In cima, la missione Apollo 17, l'ultima arca pilotata da equipaggio umano a raggiungere la Luna. Posa di 2 minuti da Cocoa Beach, una vicina cittadina. Attorno alla lunga ed infuocata scia, appaiono leggermente sfuocate le stelle, sopra ad un cielo profondamente rosso dovuto alle fiamme espulse dai cinque potenti motori (F1) del primo stadio del Saturn V e alla sovraesposizione fotografica utilizzata per ottenere questa caratteristica posa. Fonte: http://www.apolloarchive.com/
La storia delle ombre grigie ...
Un'altra presunta anomalia chiamata in causa molto spesso dai teorici del complotto, riguarderebbe il colore delle ombre presenti in tutte le fotografie scattate sulla superficie selenica nel corso delle missioni Apollo. Come è possibile, si chiedono, che le ombre degli astronauti in alcune foto siano grigie, nonostante il fatto che le pose sono state scattate presumibilmente sulla Luna, dove non esiste un'atmosfera e di conseguenza il pulviscolo in questa sospeso? Se manca un'atmosfera ed il relativo pulviscolo che riflette e devia la luce, le ombre devono essere perfettamente nere e prive di ogni dettaglio. Nelle foto degli astronauti dell'Apollo, invece, ogni dettaglio in ombra è spesso pienamente visibile, dimostrando che queste sono state scattate in un luogo dove era presente l'aria.
Analizzando accuratamente tali affermazioni, prendendo le versioni delle foto chiamate in causa in alta risoluzione, ci si potrà rendere subito conto, che le uniche ombre completamente nere nelle foto dell'Apollo, sono quelle scattate in condizioni di forte luminosità incidente. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che se fotografiamo controluce o con le spalle rivolte al Sole, l'oggetto che si trova di fronte a noi è fortemente illuminato. Questo determina che la foto sia scattata con necessità tecniche particolari, quali ad esempio, la chiusura ai valori minimi del diaframma e tempi di esposizione molto brevi. Il risultato: il soggetto inquadrato apparirà ben definito, mentre le ombre che lo circondano (come del resto il cielo) appariranno neri come la pece e senza evidenze apprezzabili del suolo interessato dall'ombra. Ma se invece di inquadrare soggetti rivolti al Sole o controluce, inquadrassimo soggetti posti ai lati della nostra prospettiva visiva iniziale, e che vedremmo per l'appunto, illuminati dal Sole sul fianco, i tempi e i diaframmi utilizzati sarebbero più dolci, lasciando penetrare sulla pellicola molta più luce delle condizioni descritte in precedenza. Questo determinerebbe ombre grigie e come conseguenza la comparsa di lievi dettagli in ombra, che prima non si vedevano. E' una cosa assolutamente normale e reputabile ai già discussi compromessi che si devono accettare quando si fotografa in ambienti fortemente illuminati.
Va detto inoltre che il fenomeno delle ombre grigie è più accentuato sulle istantanee scattate con pellicola in bianco e nero. Se si osservano le foto a colori infatti, dove i contrasti sono molto più forti, il fenomeno appare, ma in maniera molto più ridotta. Questa è una caratteristica chimica dell'emulsione fotografica utilizzata. La pellicola a colori si comporta in maniera molto diversa da quella in bianco e nero, per caratteristiche cromatiche diverse, dipendenti dai materiali fotosensibili utilizzati.
Va detto poi, che non è assolutamente vero che la luce ha bisogno di un'atmosfera o del pulviscolo per propagarsi tutto attorno. La luce che illumina gli oggetti in ombra e li rende visibili nelle fotografie, proviene proprio dalla superficie lunare, che grazie al colore chiaro di cui è prevalentemente portatrice, ne riflette tantissima. Il fatto che noi la sera vediamo splendere la Luna nel cielo è proprio conseguenza di questo fenomeno! Se la luce necessitasse di un mezzo per essere riflessa o propagata, di giorno non vedremmo il Sole e di notte la Luna e le stelle! C'è un'altro tipo di luce riflessa poi, che interessa la superficie lunare: quella proveniente dalla Terra! Forse alcuni non sanno che la Luna ruota su se stessa alla stessa velocità con cui ruota attorno alla Terra. Questo spiega perchè della Luna, noi vediamo sempre la stessa faccia. Questo fenomeno comporta il fatto che da un qualsiasi punto della superficie lunare (del lato rivolto alla Terra) sia sempre visibile il nostro pianeta. La quantità di luce che riceviamo in una notte di Luna piena, è in grado di gettare ombre dietro agli oggetti. E la Luna è solo 1/4 della Terra. Immaginiamo
ora quanta luce, sia in grado di riflettere il nostro pianeta con la sua grande massa, sulla sua superficie, considerando poi che gli oceani terrestri si comportano come veri e propri specchi. Il fenomeno della luce cinerea, quello che mette in evidenza il lato buio della Luna quando il cielo è molto limpido (foto qui accanto a destra), è proprio il risultato di questo fenomeno. Se fotografiamo la Luna, pochi giorni dopo il novilunio e la sovresponiamo leggermente, la luce cinerea apparirà in tutta la sua bellezza. Il colore azzurrino dominante, dipende proprio dalla luce riflessa dagli oceani della Terra. Questo, contribuisce a spiegare il perchè delle zone illuminate in modo apparentemente anomalo, in alcune delle foto dell'Apollo. Gli astronauti, oltre alla luce diretta del Sole e a quella riflessa dalla superficie stessa della Luna, erano interessati anche dalla luce riflessa dalla Terra, che non è assolutamente di entità trascurabile!
La storia delle ombre convergenti nelle fotografie ...
Continuiamo la nostra analisi scientifica, valutando attentamente il presunto "problema" delle ombre anomale o convergenti, che secondo i teorici del complotto, apparirebbero nelle foto scattate sulla superficie lunare nel corso del programma Apollo. Secondo i luna-complottisti, infatti, queste cadrebbero dietro agli oggetti come se fossero generate da diverse luci posizionate nelle immediate vicinanze della scena, forse in una sala di posa.
Questa affermazione è secondo il mio punto di vista molto grave e metterebbe in risalto la mancanza di conoscenze tecniche di chi si avventura a sostenerle.Se le foto dell'Apollo fossero state scattate con diversi proiettori, come asserito dai teorici del complotto, allora questi avrebbero dovuto collocarsi molto, ma molto lontani dalla scena fotografata (tecnicamente parlando, all'infinito). Questo perchè, se ci sono più fonti di illuminazione, ci devono essere di conseguenza più ombre! Per capire si considerino le partite di calcio giocate di sera: i giocatori illuminati dai proiettori del campo, hanno due o più ombre .
Le foto dell'Apollo mostrano invece in maniera genuina, la classica ombra generata da una sola sorgente, posta fotograficamente parlando, all'infinito, o più semplicemente, a 150 milioni di km dalla scena, dove si trova appunto il nostro Sole. Guardando le foto però, potrebbe sorgere nell'osservatore una logica domanda: come si spiega il fatto che le ombre nelle foto lunari sembrano convergere o divergere? Per dare una risposta a questa domanda, va detto innanzitutto che anche sulla Terra, in certe fotografie, le ombre sembrano convergere (foto A) o divergere (foto B). Altre addirittura hanno direzioni diverse (foto C) a causa del piano accidentato su cui poggiano.
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Ombre convergenti | Ombre divergenti Astronauta e gnomone | Ombre con direzioni diverse Ombra del LEM e dei sassi |
Ma questo è solo un fattore di prospettiva visiva. L'apparente non parallelismo delle ombre, è dovuto alla distorsione che si verifica quando una scena tridimensionale (la realtà fotografata), viene osservata su una fotografia che la riproduce in maniera bidimensionale. Se si osservano i filmati (o i frames dei filmati) degli astronauti di Apollo 11, ripresi dall'alto da una telecamera posta dietro a una delle due finestre triangolari del LEM, si noterà che le tanto discusse ombre, sono perfettamente parallele tra loro, questo perchè, la ripresa "alta", aggiunge una pseudo-tridimensionalità alla scena osservata. Va detto inoltre che un'ombra che si trova dietro ad un oggetto, qualsiasi esso sia, segue le asperità del terreno su cui poggia, introducendo una distorsione in più alla sua direzione teorica. Un'ombra che ha subito questa distorsione è però facilmente identificabile. Si presenta infatti più corta di quello che in realtà dovrebbe essere se si sviluppasse su di un piano idealmente liscio. Le ombre dell'Apollo infatti, sono state scattate su di una superficie tormentata dall'intenso bombardamento meteorico e seguono questo andamento, apparendo a un osservatore talvolta convergenti.