La storia dell'ambiente lunare proibitivo ...
Molte persone convinte del complotto, asseriscono che gli astronauti non avrebbero mai potuto sopravvivere in un ambiente estremo come è la superficie lunare. Infatti dicono, non essendoci alcuna atmosfera il suolo lunare è continuamente interessato dalle temperature estreme e dalle radiazioni letali che permeano lo spazio, che con la loro terribile azione arrostirebbero con pochi secondi d'esposizione, anche il più cauto degli astronauti. In parte queste osservazioni sono giuste (soprattutto se si pensa ad un organismo umano non protetto da una tuta spaziale), ma si tralasciano come al solito le nozioni di base. Si è parlato tanto della temperatura del suolo lunare, ritenuta da alcuni tanto alta da fondere le ruote di gomma della Rover Lunare (se non fosse per il fatto che le ruote del rover erano di lega metallica). E' vero quando si dice che la Luna non essendo circondata da un'atmosfera, subisce pesantemente i rigori dello spazio cosmico, passando dai +130°C di giorno, ai -100°C della notte, ma per capire bene, perchè tutto questo non fu un problema per le missioni Apollo, bisogna considerare ancora una volta le zone prescelte per l'allunaggio. Una cosa che in molti non sanno, è che tutte le missioni lunari sono atterrate in prossimità del terminatore (la linea che divide il giorno e la notte), dove in quel momento era mattino presto.
Che cosa vuol dire questo? Tutti saranno convinti di come l'inclinazione dei raggi solari che arrivano su una superficie, influenzi la temperatura di quest'ultima. I progettisti di volo del programma Apollo quindi (vedi i dati ufficiali), sfruttarono proprio questo principio per evitare di arrostire gli equipaggi, facendo allunare le navicelle in punti in cui il giorno lunare stava iniziando. Basta osservare le foto del programma Apollo in cui appare il Sole, per rendersi conto della sua scarsa altezza sull'orizzonte al momento degli sbarchi. Dato che sulla Luna, proprio come nello spazio, non esiste lo scambio termico per convenzione (fenomeno altamente efficiente ed esercitabile solo in presenza obbligata di un gas atmosferico), la temperatura aumentava in quei luoghi prescelti molto lentamente, favorita solo dagli altri due principi di scambio termico conosciuti in fisica, e di per loro scarsamente efficienti: quello per irraggiamento solare diretto e/o riflesso, e quello per conduzione termica tra le rocce lunari che costituivano il suolo. Grazie proprio a questi due ultimi principi, la temperatura nei luoghi scelti per l'allunaggio era mite e superava raramente i +52°C per tutto il tempo di permanenza umana in loco. Quest'ultima però non poteva protrarsi oltre un determinato tempo limite, proprio perchè con l'avanzare del giorno lunare (che dura in media 28 giorni alternandosi in 14 di luce e 14 di notte), aumentava anche la quantità d'irraggiamento solare e con questo la temperatura locale, tendente a un massimo di circa +100°C, raggiunti a mezzogiorno. Era proprio l'assenza d'atmosfera il miglior alleato degli astronauti dell'Apollo! Lo sbarco eseguito nella mattinata lunare quindi, unito al fatto che la zona prescelta stava uscendo dal freddo della notte e cominciava lentamente a scaldarsi proprio per la mancanza d'aria, favoriva lo sbarco degli astronauti, permettendone così un breve e più sicuro soggiorno d'esplorazione scientifica.
Era per tutti questi motivi che nel programma Apollo esistevano le finestre di lancio per voli lunari! Queste, generalmente della durata di alcune ore, non erano altro che periodi calcolati in cui era possibile lanciare verso la Luna gli astronauti, consentendogli di raggiungere il sito prescelto, nel momento "termico e ottico" più opportuno.
In queste rappresentazioni ricavate con il programma "Stellarium(R)" in base all'ora e alla data
di ciascun allunaggio, si può facilmente valutare l'altezza del Sole sull'orizzonte lunare
nel punto prescelto per lo sbarco e la distanza di quest'ultimo dal terminatore.
Il momento "ottico" più opportuno, si verificava quando l'inclinazione dei raggi solari era tale da consentire un allunaggio sicuro: con il Sole basso sull'orizzonte, infatti, le formazioni geologiche pericolose, quali: rocce, montagne e crateri erano pienamente visibili grazie all'ombra proiettata dietro di esse. Per tutti questi motivi, quindi, perdere una finestra di lancio, sarebbe stato come accumulare gravi e pericolosi ritardi sulla tabella di marcia. Ecco perchè se non era possibile lanciare il Saturn V verso la Luna (per colpa magari del tempo meteorologico) il lancio doveva subire il rinvio di un mese. Questo consentiva il ristabilirsi sul luogo dell'allunaggio delle condizioni necessarie allo sbarco. La temperatura mite dei luoghi di sbarco quindi, era perfettamente compatibile con la tecnologia portata sulla Luna e durante le passeggiate spaziali, si poteva brillantemente superare con i normali sistemi di condizionamento delle tute spaziali. Quest'ultimi, costituiti per lo più da compressori, scambiatori e sublimatori, sfruttavano anch'essi il vuoto spinto dell'ambiente lunare, ovvero l'assenza d'atmosfera. Questo proprio per favorire efficacemente lo scambio termico tra l'interno e l'esterno delle tute e mantenendo così la temperatura interna di questi indumenti estremamente gradevole e regolabile a piacere. Per migliorare ulteriormente l'isolamento termico delle tute spaziali, inoltre, oltre ai numerosi strati isolanti di cui erano costituite, quello più esterno era dipinto di bianco, consentendo così alla tuta stessa di riflettere gran parte della radiazione solare incidente.
Le "miti" caratteristiche climatiche della zona prescelta all'allunaggio, permisero ai progettisti del LEM e delle tute spaziali, di guadagnare parecchio in leggerezza durante la fase progettuale. Non si resero importanti, infatti, l'uso di pesanti e spessi scudi termici, ma si implementarono nuove sostanze in grado di schermare efficacemente, contenendo il peso, l'azione del calore, delle radiazioni e dei micrometeoriti.
Per la costruzione dell'intrepida navicella lunare, infatti, erano stati scelti materiali innovativi per tre motivi: uno, perchè fosse il più leggero possibile (e leggerezza nello spazio significa risparmio di carburanti al lancio), due, perchè il LEM destinato a volare nel solo vuoto cosmico, non avrebbe dovuto resistere a nessuna forze aerodinamica e tre, perchè data la temperatura mite del luogo d'allunaggio, la struttura protettiva multistrato di cui era interamente rivestito, era più che sufficiente ad isolare gli astronauti dal mondo esterno. L'aspetto "apparentemente" fragile del LEM però non deve ingannare. Il telaio portante del modulo infatti era costruito in titanio e alluminio rinforzati, (leggeri ma al contempo robusti) rivestiti da vari strati di materiali termici isolanti e da più strati di Kapton. Questo materiale, non è altro che una pellicola di poliimmide sviluppata dalla statunitense DuPont avente la funzionale caratteristica di rimanere stabile per un'ampia finestra di temperature, dai -269 °C ai +400 °C. Venne usato ampiamente nel LEM per la schermatura termica dell’equipaggio e dei dispositivi della macchina stessa, non che dai pericolosi micrometeoriti. Viste queste eccezionali caratteristiche di dura impenetrabilità e resistenza all’irraggiamento (a parecchie lunghezze d’onda) fu impiegato e viene impiegato tuttora nella fabbricazione dei tessuti delle tute spaziali. Non a caso è anche il principale costituente dei giubbotti antiproiettile, insieme al Kevlar.
A questo punto però, potrebbe sorgere il sospetto che durante il tragitto di 3 giorni dalla Terra alla Luna, il LEM potesse trovarsi esposto costantemente ai rigori del profondo spazio. Il sospetto è fondato, ma fu elegantemente risolto. I progettisti di volo del programma Apollo, infatti, inserirono nel programma di volo trans-terrestre e trans-lunare, una complessa manovra rotazionale per il treno spaziale (CSM e LEM uniti insieme o semplicemente per il CSM nella fase di rientro a Terra), che prendeva il nome di PTC. PTC, fu l'acronimo di "Controllo Termico Passivo". Questo, consisteva in una procedura di rotazione che veniva subito innescata dagli astronauti (con il complesso dei razzi direzionali RCS) una volta giunti nello spazio. Facendo ruotare le navicelle (come uno spiedo per intenderci) lungo la traiettoria, al ritmo di due rotazioni all'ora, si sottoponeva tutta la navicella all’azione del calore del Sole (+130°C) e al freddo dell’ombra (-100°C). Questo assicurava che la superficie delle astronavi, non fosse mai sottoposta a temperature superiori o inferiori ai +24°C. Questa manovra di controllo termico la compie ancora oggi lo Space Shuttle e i satelliti artificiali, una volta giunti nello spazio.
Le radiazioni ionizzanti però, sottolineano spesso i teorici del complotto, avrebbero "ucciso" gli astronauti dopo poche ore di esposizione allo spazio. Questo potrebbe essere vero in parte, ma bisogna considerare che la maggior parte delle radiazioni che giungono sulla Luna, sono di natura corpuscolare, ovvero, nuclei e particelle subatomiche a basse energie, che per la maggior parte, sono emesse dal Sole. Queste radiazioni però, sono assorbibili facilmente da pochi millimetri di alluminio o di polietilene ad alta densità. Le tute degli astronauti infatti, erano composte e lo sono ancora oggi, da diversi strati di questi materiali, in grado di schermare completamente l'astronauta, dall’azione dannosa di questi corpuscoli. Va detto però, che gli astronauti sulla Luna, furono sottoposti anche alle radiazioni elettromagnetiche energetiche, quali i raggi X e i raggi Gamma. Questi, erano in grado di penetrare le tute è vero, ma non erano poi così tremendamente diffusi come si crede.
La radiazione che ha assorbito un astronauta in 10 giorni di esposizione allo spazio cosmico, era di poco superiore a quella che noi assorbiamo qui sulla Terra nell'arco di tre anni. I report diffusi dagli scienziati e dai medici della NASA (vedi i dati ufficiali cliccando qui e qui), calcolati in base alle radiazioni misurate dai dosimetri (vedi i dati ufficiali cliccando qui), che indossavano gli astronauti nei giorni trascorsi nello spazio, paragonano la dose complessiva assorbita da ciascun astronauta a quella alla quale, si sarebbe esposti facendo una banalissima T.A.C. in radiologia ospedaliera. Quindi nulla di terribilmente letale. Va detto, inoltre, che durante le missioni Apollo, sono stati studiati gli effetti che i raggi cosmici hanno sull'essere umano. Dato che durante le missioni che hanno preceduto l'Apollo, solo pochissimi astronauti avevano riferito di aver visto negli occhi strani punti luminosi, diversamente, le missioni lunari che sono uscite dalle fasce di Van Allen (quelle zone radioattive che formano la magnetosfera terrestre e che ci proteggono da queste particelle), hanno riferito il contrario. Lo stesso Charlie Duke, astronauta dell'Apollo 16, fu incaricato di osservare e catalogare ogni evento che si manifestasse nei propri occhi. Fu appurato che quei misteriosi lampi si generavano quando un raggio cosmico interagiva con la retina dell'occhio. Se nessuno fosse mai andato verso la Luna e quindi oltre questo ombrello protettivo situato sino a 120.000 km dalla superficie terrestre, nessuno mai, avrebbe appurato la natura di questi raggi.